PALIMPSZESZT
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Zilahi Lilla:
Il Sonetto alla sua donna del Francesco Berni

"...Era assai ben voluto dalla gente; di quei signori di corte ognun l'amava; ch'era faceto e capitoli a mente d'orinali e d'anguille recitava e certe altre sue magre poesie ch'eran tenute strane bizzarrie. Era forte colerico e sdegnoso, della lingua e del cor libero e sciolto; (...)" [1]

Francesco Berni nato nel 1497 (o nel 1498) a Lamporecchio, dopo la prima educazione ricevuta a Firenze, si trasferi a Roma e iniziando una carriera ecclesiastica, fu poi, come la maggior parte dei letterati del Cinquecento al servizio di diversi: cosi a Roma presso il suo parente, il cardinale Bernardo Dovizi da Bibbiena e presso il nipote ed erede di lui, Angelo[2] ; a Roma e a Verona presso il vescovo Giovan Matteo Giberti e piu tardi a Firenze, presso il cardinale Ippolito de' Medici.

Testimone e anche protagonista di polemiche e di trame anche sanguinose di 1un tempo turbato[3] fu per esempio, nel 1522 allontanato da Roma, esiliato in un paesello dell'Abruzzo a causa della sua condotta immorale, ma nel 1523 vi e gia di ritorno. Peregrinando per le corti e le citta italiane al seguito di signori e cardinali sopraccennati, il Berni fu spettatore degli avvenimenti storici piu drammatici (il sacco di Roma, lotte dinastiche e di successione tra le principali signorie italiane etc). Pare che, coinvolto in una di quest'ultime, sia stato costretto a suicidarsi col veleno nel 1535.

Le sue opere, il rifacimento dell'Orlando innamorato del Boiardo, le Rime (I Capitoli e I Sonetti), e soprattutto il trattato, Dialogo contra i poeti sono caratterizzate dall'anticlassicismo, cioe il rifiuto consapevole della dottrina dell'imitazione, la scelta di modelli poetici irregolari[4] , o di temi del mondo contadino e non ufficiale, e dove emerge un'idea del ruolo del poeta, che e esattamente agli antipodi dell'ideale umanistico.

Sono la parodia, l'ironia e la caricatura che formano per lui gli strumenti piu efficaci e piu immediati dell'anticlassicismo, perché nel suo rifiuto dell'idea della poesia come equilibrio o armonia o unita, l'esercizio poetico per lui e dominato dal capriccio, dalla liberta inventiva e e senza regole. Qui si tratta soprattutto di una polemica contro il codice alto e spiritualizzato del petrarchismo e contro il monolinguismo, che apre la strada a un uso variatissimo e intensissimo della lingua oltraggiando sempre le convenzioni; cioe il bernismo, la derisione schiettamente burlevole, la sottile ironia che il Berni adopera con tanta apparenza di semplicita e d'avversione all'acerbezza, l'umorosita che tende sempre a trasformarsi in bizzarria, e il proposito espresso della caricatura con cui mette in rilievo il lato comico. Quindi di fronte ai valori seri e ai toni gravi si oppongono quelli giocosi, la burla o lo scherzo, cioe le scelte artistiche non omogenee con il modello dominante nella letteratura del Cinquecento.

Il "Sonetto alla sua donna", la parodia della poesia d'amore, potrebbe essere la dissacrazione del modello petrarchesco, pero occorre subito dichiarare che il suo antipetrarchismo e principalmente una parodia del petrarchismo bembistico. Tuttavia per la descrizione della bruttezza della "sua donna" il Berni utilizza le convenzioni formali, i veri e propri luoghi communi e linguistici e stilistici che derivano dal petrarchismo e li svolge in parodia. Anche sul piano del metro abbiamo il sonetto classico di Petrarca con lo schema ABBA, ABBA, CDE, DCE.

Sonetto alla sua donna

Chiome d'argento fino, irte e attorte
senz'arte intorno ad un bel viso d'oro;
fronte crespa, u' mirando io mi scoloro,
dove spunta i suoi strali Amor e Morte;

occhi di perle vaghi, luci torte
da ogni obietto diseguale a loro;
ciglie di neve, e quelle ond'io m'accoro,
dita e man dolcemente grosse e corte;

labra di latte, bocca ampia celeste;
denti d'ebeno rari e pellegrini;
inaudita ineffabile armonia;

costumi alter e gravi: a voi, divini
servi d'Amor, palese fo che queste 
son le bellezze della donna mia.

La technica del Berni e basata sul ribaltamento del legame metaforico tra sostantivo e aggettivo; ad alcune parti del corpo sono attribuiti aggettivi propri di altre zone fisiche, cioe sono alterate le associazioni metaforiche.

Il bel viso d'oro[5] , cioe giallo rappresenta una donna vecchia, ugualmente che gli occhi strabici, storti e lacrimosi. Le ciglie di neve[7], invece di fare allusione alla bellezza del viso della donna, fanno allusione alla vecchiezza, con la semplice alterazione degli aggettivi neve-ebeno.

L'impallidir[8] degli amanti che si contemplano e parodizzato per lo scolorimento del poeta mirando le brutezze della sua donna.
Ad alcune parti del corpo della donna vengono attribuite caratteristiche negative, cosi alla "bocca ampia celeste[9] " e alle "dita e man[10] dolcemente grosse e corte".
Mentre la metafora "perle[11] " rappresenta per Petrarca la bellezza degli denti (o delle unghie), qui abbiamo affare agli denti d'ebeno[12], cioe scuri.
La fronte[13] crespa, piena di rughe sembra essera la parodia della "fronte serena" della donna del Petrarca. Ugualmente le chiome d'oro tanto laudate da Laura tornano in ridiculo con le "Chiome d'argento[14] fino, irte e attorte", cioe bianche, ispide e attorcigliate della donna del Berni.

Insomma e il tema dell'amore[15] e della donna che subisce qui per l'umorosita berniana una certa degradazione trasformando l'ideale del bello nella descrizione insistita della bruttezza. Cioe, anche qui, la poesia bernesca impregnata dallo scopo di svelare, in modo parodico, gli elementi retorici e convenzionali di quella del medio evo arriva alla pura buffoneria, che riflette pero un certo senso di insicurezza che inoltre caratterizza l'intera opera di quello spirito instabile del Berni.

Jegyzetek:
[1]Stanze autobiografiche, libro III, vii, 41-42 in Cinquecento minore a cura di Riccardo Scrivano, 1966, Nicola Zanichelli, Bologna p. 596
[2]
  "...a Roma ando  da poi, com'a Dio piacque,
        pien di molta speranza e di concetto
        d'un certo suo parente cardinale
        che non gli fece mai né ben né male.
             Morto lui, stette con un suo nipote,
         dal qual trattato fu come dal zio:
         onde le bolge trovandosi vo te,
         di mutar cibo gli venne disio;
(...)" in Stanze autobiografiche, libro III, vii, 37-39
[3]. Per la vita e l'opera: Cinquecento minore a cura di Riccardo Scrivano, 1966, Nicola Zanichelli, Bologna pp. 591-618
Francesco Berni: I Capitoli, Introduzione e commenti di Riccardo Dusi, 1926, Unione Tipografico-editrice Torines, Torino
La letteratura in Italia (Profilo Storico) Nuova edizione, 1989. Bompiani. pp 286-289
[4]. per esempio il "Capitolo primo della peste" in Francesco Berni: I Capitoli, Introduzione e commenti di Riccardo Dusi, 1926, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Torino, pp. 69-74
[5].
  "...Le treccie d'or che devrien fare il
    sole d'invidia molta ir pieno..." 
poesia XXXVII.  vv 81-82 - in Francesco Petrarca: Canzoniere. Introduzione
    e note di Alberto Chiari. Mondadori. 1985.
    "Erano i capei d'oro a l'aura sparsi, 
    che'n mille dolci nodi gli avolgeva. (...)
    di quei begli occhi ch'or ne son si scarsi."
    poesia  XC vv.1-2,4.
   "La testa or fino..."p.CLVII v.9.
   "Chiome d'oro so fino a l'aura sciolse..."
    p.CLIX v.6
   "Vedi quant'arte dora e 'mperla e 'nostra..."
    p.CXCII v.5.
   "L'aura soave al sole spiega et vibra,
    l'auro ch'Amor di sua man fila e tesse..."
    p.CXCVIII. vv.1-2.
   "Onde tolse l'Amor l'oro..."p.CCXX v.1.
   "...le crespe chiome d'or puro lucente,..."
    p.CCXCII v.5.
   "...che facean l'oro e 'l sol parer men belli..."
    p.CCCXLVIII v.3.
   "(...) e i cape' d'oro fin farsi  d'argento..."
    p.XII v.5
[6].
 "...L'auro e i topacii al sol sopra la neve
    vincon le bionde chiome presso a gli occhi..."
    p.XXX v.37-38.
   "Io temo si de'begli occhi l'assalto,
    ne' quali Amore et la mia morte alberga..."
    p.XXXIX vv.1-2.
   "I begli occhi, ond'i'fui percasso in guisa..."
    p.LXXV v.1.
   "...di quei begli occhi, che or ne son so scarsi."
    p.XC v.4.
   "...Si lunga guerra i begli occhi mi fanno..."
    p.CVII.v.2.
   "...A suoi begli occhi il mal nostro non piaci..."
    p.CL v.4.
   "...ch'a parte a parte entro a'begli occhi leggo
    quant'io parlo d'Amore, et quant'io scrivo."
    p.CLI vv.13-14.
   "...E vidi lagrimar que'duo bei lumi, (...)"
    p.CLVI v.5.
   "...Et gli occhi eran due stelle,(...)"p.CLVII v.11.
   "    (...)né lagrime si belle
    di si belli occhi uscir mai vide 'l sole."
    p.CLVIII vv.13-14.
   "(...)la da' belli occhi, et de le chiome stesse..."
    p.CXCVIII v.3.
   "... li occhi sereni et le stellanti ciglia..."
    p.CC v.9.
   "...di que'belli occhi ond'io o guerra e pace,(...)"
    p.CCXX v.13.
   "...belli occhi..."p.CCXXI v.1o.
   "...begli occhi..." p.CLXV v.7.
   "...begli occhi..." p.CLXXIII v.1.
   "Gli occhi di ch'io parlai si caldamente..."
    p.CCXCII v.1.
   "Da'piu belli occhi et dal piu chiaro viso..."
    p.CCCXLVIII v.1.
[7].
  "Giovene donna sotto un verde lauro
    vidi, piu biancha et piu fredda che neve
    non percossa dal sol molti et molt'anni..."
    p.XXX vv.1-3.
   "...et le rose vermiglie in fra la neve..."
    p.CXXXI v.9.
   "...La testa or fino, et calda neve il volto..."
    p.CLVII v.9.
[8].
   "Quel vago impallidir, ch 'l dolce riso
    d'un'amorosa nebbia ricoperse..." p.CXXIII vv.1-2.
   "(...)Quinci in duo volti un color morto appare,
    perch‚ 'l vigor, che vivi gli mostrava,
    da nessun lato e piu la dove stava.(...)"
    p.XCIV vv.9-11. 
[9].
   "I' vidi in terra angelici costumi
    et celesti bellezze al mondo sole, (...)"
    p.CLVI vv.1-2
   "...et piu 'l fanno i celesti et rari doni,
    ch'a in sé Madonna.(...)"p.CCXXXVI vv.12-13
[10].
  "...et, per pianger anchor con piu diletto,
   le man bianche sottili
   et le braccie gentili
   et gli atti suoi soavamente alteri..."p.XXXVII 
   vv. 97-1oo.
  "O bella man, che mi destringi'l cuore..." 
   p.CXCIX v.1.
  "Non pur quell'una bella ignuda mano..."p.CC v.1.
  "(...)dal piu dolce parlare, et dolce viso,
   da le man, da le braccia (...)"p.CCCXLVIII v.5.
  "Gli occhi, di ch'io parlai si caldamente,
   et le braccia, et le mani, e i piedi e 'l viso,(...)"
   p.CCXCII vv.1-2.
[11].
  "(...)Onde Amor l'arco non tendeva in fallo
   Perle et rose vermiglie(...)"p.CLVII v.12.
  "Vedi quant'arte dora e 'mperla..."p.CXCII v.5.
  "O bella man, che mi destringi'l cuore...
   di cinque perle oriental colore, (...)"
   p.CXCIX v.5.
  "...la bella bocca, angelica, di perle 
   piena et di rose et di dolci parole."
   p.CC vv.13-14.
  "...Onde le perle, in ch'ei frange et affrena
   dolci parole, honeste et pellegrine?(...)"
   p.CCXX vv.5-6.
[12].
  "...Hebeno i cigli et gli occhi eran due stelle..."
   p.CLVII v.11.
  "Li occhi sereni et le stellanti ciglia..."p.CC v.9.
[13].
  "(...) et la fronte, et le chiome, ch'a vederle
   di state, a mezzo di, vincono il sole."
   p.CC vv.13-14.
   "(...)Onde tante bellezze, et si divine, 
    di quella fronte, piu che'l ciel serena?(...)"
   p.CCXX vv.7-8.
[14].
 "(...) e i cape' d'oro fin farsi d'argento..."
   p.XII v.5.
[15].
  "(...) a voi, divini
   servi d'Amor, palese fo che queste 
   son le bellezze 



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