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Giampaolo SALVI
Cola e clitici in latino


Alcuni importanti lavori recenti sulla posizione degli elementi clitici in latino (Adams 1994b e Janse 1994 sui pronomi personali, Adams 1994a sulla copula esse) fanno appello alla nozione di colon introdotta, sulla un base di alcuni fenomeni del latino e del greco, dal filologo classico Eduard Fraenkel (cfr. Fraenkel 1932, 1933, 1964a, 1965, 1966): in particolare si afferma che la legge di Wackernagel (cfr. Wackernagel 1892) può spiegare la posizione di una buona parte degli elementi clitici in latino solo se il suo ambito di applicazione è non la frase, ma il colon.

Si ricorderà che la legge di Wackernagel prevede che gli elementi atoni si collochino dopo la prima parola o il primo sintagma di una frase, come esemplificato in (1) per le frasi principali e in (2) per le frasi subordinate di modo finito:

(1)
a. Delectarunt me tuae litterae (Cic. Fam. 9.16.1)
b. Caninius noster me tuis uerbis admonuit ut scriberem ad te (Cic. Fam. 9.6.1)

(2)
Nunc uide utra te "krisis" magis delectet (Cic. Fam. 9.4)

Secondo gli studi citati, però, la posizione che il pronome assume in (3) (da Adams 1994a: p. 1), è riconducibile alla legge di Wackernagel solo se si assume che la frase possa essere composta da sottounità ritmiche, i cola appunto, e che siano queste a costituire l'ambito di applicazione della legge: i clitici potrebbero collocarsi dopo la prima parola o il primo sintagma di un colon qualsiasi, non necessariamente dopo la prima parola o il primo sintagma del primo colon della frase; in (3), per es., il pronome sarebbe collocato dopo la prima parola del secondo colon (negli esempi la divisione in cola sarà indicata da una barra verticale):

(3) de triumpho autem | nulla me cupiditas umquam tenuit (Cic. Att.7.2.6)

Si noti sin d'ora che l'assunzione del colon come dominio di applicazione della legge di Wackernagel, non è in nessun caso sufficiente a rendere conto in maniera esaustiva della collocazione dei pronomi personali clitici e delle forme clitiche della copula esse in latino: sia Adams che Janse devono assumere che queste forme clitiche possano essere collocate anche secondo un'altra modalità, e cioè immediatamente dopo un sintagma (o la prima parola di un sintagma) focalizzato, indipendentemente dalla posizione che questo assume all'interno del colon. Si confronti (4) (da Adams 1994b: p. 125), dove il clitico è collocato dopo la prima parola del sintagma focalizzato maximum_ onus, sintagma che a sua volta non si trova a inizio di colon:

(4) | in quo maximum nobis onus imposuit (Cic. Phil. 11.19)

Già solo questa duplicità di trattamento del fenomeno della collocazione dei clitici, che fa appello da una parte a unità ritmiche e dall'altra al concetto semantico-pragmatico di focus, potrebbe renderci sospetta questa analisi e spingerci a cercare una soluzione migliore. [1] All'interno di un quadro teorico che pone precise restrizioni sui rapporti tra i diversi componenti della grammatica, come avviene nel caso della grammatica generativa, una soluzione unitaria sarebbe immaginabile prendendo come punto di partenza la sintassi: per quanto riguarda infatti il focus della frase, esso costituisce una precisa proiezione sintattica all'interno della struttura frasale (Brody 1990); per quanto riguarda le unità intonative, anch'esse possono essere derivate, almeno in parte, dalla struttura sintattica (cfr. Inkelas-Zec 1995). Abbiamo abbozzato una soluzione sintattica al problema della posizione dei clitici in Salvi (1996) (dove peraltro i problemi prosodici non sono presi in considerazione). [2]

In quanto segue, invece, intendiamo prendere in esame il concetto di colon, cercando di dimostrare che la sua introduzione in una teoria che voglia spiegare la posizione dei clitici in latino, è non solo insufficiente allo scopo (come riconosciuto del resto negli studi citati di Adams e Janse), ma anche inutile, visto che gli stessi fatti possono essere spiegati in maniera più esauriente in base a categorie sintattiche. A questo scopo esamineremo gli argomenti e gli esempi addotti da Fraenkel nei suoi vari lavori (considerando solo i fatti relativi al latino).

Fraenkel si basa su tre tipi di fenomeni per giustificare l'introduzione del colon:

(a)
il distico elegiaco (ed epodico) del periodo classico (gli esempi sono da Properzio) non permette l'enjambement, per cui in tutti i casi in cui una frase si estende al di là dei limiti del distico, si deve supporre una pausa ritmica abbastanza forte alla fine del pentametro: questa pausa separerebbe due cola (Fraenkel 1932);

(b)
siccome i clitici seguono il primo elemento di un'unità intonativa, quando questo elemento non è all'inizio di una frase, esso deve essere preceduto da una pausa, pausa che separerebbe due cola (Fraenkel 1933);

(c)
il vocativo può inserirsi in quei luoghi di una frase dove è possibile una pausa intonativa; un vocativo separerebbe quindi due cola (Fraenkel 1965).

Possiamo notare subito che, se l'unico fenomeno utile per l'individuazione dei cola fosse quello descritto sotto (b), l'utilizzazione della categoria del colon da parte di Adams e Janse per spiegare la posizione dei clitici sarebbe semplicemente circolare e priva di qualsiasi valore esplicativo. La sua utilizzazione è invece lecita se anche gli altri criteri contribuiscono a individuare lo stesso novero di fatti. Come vedremo, le strutture individuate dai criteri (a) e (b) sono grosso modo le stesse, mentre il criterio (c) individua anche strutture supplementari che non possono servire in nessun caso come ambito di applicazione della legge di Wackernagel: tratteremo di queste in un secondo tempo. Per il momento vediamo quali sono le strutture che, nell'esemplificazione di Fraenkel, sono individuate come cola indipendenti, oltre che da (b), anche da almeno un'altro dei criteri.

I primi tre tipi di strutture (I), (II) e (III) si possono classificare come proposizioni subordinate di modo non finito. Ora, nella concezione tradizionale, l'ambito di applicazione della legge di Wackernagel sarebbe la frase, intesa come proposizione principale o proposizione subordinata di modo finito: ma se eliminiamo quest'ultima specificazione e diciamo semplicemente che l'ambito di applicazione della legge è la proposizione, i fatti di (I), (II) e (III) rientrano semplicemente nella definizione tradizionale. [3]

La dislocazione a sinistra (IV) comporta una struttura frasale in cui si distinguono una parte periferica (gli elementi dislocati) e una parte centrale (la proposizione "centrale", costruita intorno al verbo): questa struttura bipartita offre tra l'altro una spiegazione semplice del fatto che in questo tipo di frase uno stesso argomento del verbo possa comparire due volte nella stessa struttura attanziale (tuus_ dolor e is in (8)): in realtà l'attante che conta è quello nella proposizione centrale, mentre l'elemento periferico ha solo la funzione di tema discorsivo. Ora, se l'ambito di applicazione della legge di Wackernagel viene precisato come la proposizione centrale, anche i fenomeni di dislocazione rientreranno nella formulazione tradizionale. Anche gli avverbiali circostanziali (V) possono essere considerati elementi periferici e rientrano quindi nella generalizzazione appena formulata.

Abbiamo mostrato finora che i fatti descritti da Fraenkel (e sulla sua scia da Adams e Janse) in base alla categoria intonativa di colon possono essere descritti in maniera altrettanto semplice in base alla categoria sintattica indipendentemente necessaria di proposizione centrale. Resta da mostrare che la descrizione sintattica è superiore alla descrizione intonativa. Si noti innanzitutto che una frase dovrà in ogni caso avere una struttura intonativa e che quindi qualcosa come il colon sarà necessario per descriverne le sottounità intonative; è facilmente immaginabile che le singole proposizioni verranno assegnate a unità intonative indipendenti e che anche gli elementi periferici assumeranno un'unità intonativa indipendente da quella della proposizione centrale: la struttura sintattica e la struttura intonativa saranno dunque entro certi limite omogenee. Ma, nonostante questo, le predizioni che le due analisi fanno, non sono le stesse. Riprendiamo l'es. (3): il clitico è collocato nel secondo colon, ma non potrebbe essere collocato nel primo (10):

(3) de triumpho autem | nulla me cupiditas umquam tenuit
(10) *de triumpho autem me | nulla cupiditas umquam tenuit

Mentre una teoria sintattica che individui la proposizione centrale come l'ambito della legge di Wackernagel, prevede direttamente il contrasto tra (3) e (10), una teoria basata sui cola non è in grado di farlo, a meno di essere supplementata da qualche principio (sintattico) che possa distinguere tra cola centrali e cola periferici. Lo stesso ragionamento vale, mutatis mutandis, per gli altri esempi discussi sopra. Vediamo dunque che una teoria che vede nel colon l'ambito di applicazione della legge di Wackernagel, deve in ogni caso essere integrata da principi sintattici che stabiliscono quale tra i vari cola che compongono una frase, sia quello rilevante; essa può dunque funzionare solo in unione a una teoria sintattica della struttura della fase. Questa teoria sintattica non potrà essere molto diversa da quella delineata sopra perché dovrà essere in grado di fare le corrette distinzioni fra le varie proposizioni che compongono la frase, e fra proposizione centrale ed elementi periferici. Da questa discussione possiamo dunque concludere che la teoria dei cola non solo è insufficiente a predire la corretta posizione dei clitici, ma anche inutile, perché deve essere integrata da una teoria sintattica che in ogni caso predice indipendentemente gli stessi fatti.

Ritorniamo, per finire, al terzo dei criteri di Fraenkel per l'individuazione dei cola, la posizione del vocativo. Come accennato sopra, fra i contesti individuati dalla posizione del vocativo compaiono delle strutture che non compaiono fra i contesti individuati dagli altri due criteri. Queste strutture spesso non rappresentano dei domini adatti all'applicazione della legge di Wackernagel. Il vocativo può comparire, per es., dopo un sintagma interrogativo:

(11) a quo tandem, M. Cato, est aequius consulem defendi quam a consule? (Cic. Mur. 3)

Ma est in questa frase è evidentemente clitico (Adams 1994a: ch.9) e quindi, se il vocativo separa due cola, la copula si trova in inizio di colon, contrariamente alle previsioni. Nello spirito della teoria dei cola dobbiamo dunque concludere che la posizione del vocativo non è decisiva per la suddivisione della frase in cola perché il vocativo può occupare altre posizioni oltre ai confini tra cola: con questo i criteri per l'individuazione dei cola sono ridotti a due, di cui uno è proprio la posizione dei clitici, che la teoria vorrebbe spiegare, l'altro è un argomento metrico, che appartiene a un uso riflesso delle strutture linguistiche. Ma l'es. (11) ha anche un altro interesse per una teoria che prenda come ambito di applicazione della legge di Wackernagel delle unità di tipo intonativo: il vocativo comporta necessariamente una rottura nell'intonazione, per cui la copula clitica in (11) si trova in ogni caso all'inizio di un'unità intonativa (anche se magari non di un colon), e questo in contraddizione con lo spirito stesso di una teoria che appunto vieta a questo tipo di parole di comparire come primo elemento di un'unità intonativa. Analogo discorso vale per il pronome clitico mihi nella relativa in (12):

(12) quod mehercule, iudices, mihi non mediocriter ferendum videtur (Cic. Verr. 2.3.95)

Esempi come (11) e (12) mostrano dunque come non solo una teoria basata sui cola, ma qualsiasi teoria basata sulle unità intonative, non sia in grado di rendere conto della posizione dei clitici in latino. Una teoria a base sintattica, invece, non avrà difficoltà a rendere conto degli esempi citati una volta che si sia stabilito che il vocativo è invisibile per l'analisi sintattica: se infatti in (11)-(12) sopprimiamo i vocativi, i clitici sono collocati dopo il primo elemento della proposizione (ricordiamo che anche tandem e mehercule fanno parte del gruppo di clitici). [4]

In quanto precede abbiamo dimostrato che il ricorso alla categoria del colon per spiegare la posizione dei clitici in latino non è né sufficiente, né necessario. Non è sufficiente perché una teoria basata sui cola, neanche nei limiti entro cui la utilizzano Adams (1994a,b) e Janse (1994), non è in grado di predire in quale dei cola si troverà il clitico. Non è necessario perché, per funzionare, una teoria basata sui cola ha bisogno di appoggiarsi su una teoria sintattica che sia articolata in modo tale da prevedere indipendentemente proprio quei fatti che la teoria basata sui cola dovrebbe spiegare. Abbiamo poi dimostrato che qualsiasi teoria che si basi esclusivamente sulle unità intonative, è incapace di spiegare la posizione dei clitici in latino.

Quella parte dell'analisi di Adams e Janse che si basa sul concetto di colon, è facilmente traducibile in un'analisi sintattica basata sul concetto di proposizione centrale; l'analisi sintattica è anzi empiricamente superiore. Le collocazioni non spiegabili in base al colon vengono spiegate da Adams e Janse in base alla categoria semantico-pragmatica di focus (i clitici possono trovarsi immediatamente dopo (la prima parola di) un sintagma focalizzato). Nel quadro di un'analisi generativa della struttura della frase, le lingue possono assegnare i costituenti focalizzati a una proiezione sintattica indipendente, della stessa natura di proiezioni come quella che abbiamo chiamato qui proposizione centrale. In questo quadro teorico si offre dunque la possibilità di un trattamento unificato della posizione dei clitici in latino: l'ambito di applicazione della legge di Wackernagel sarà in latino una proiezione di natura frasale: la proposizione centrale o la proiezione focus (cfr., per le linee generali di una soluzione di questo tipo e per ulteriori complicazioni, Salvi 1996).

Note

[1] Janse (1994: p. 143) argomenta tentativamente che un'unificazione sul piano ritmico-intonativo sarebbe possibile se gli elementi focalizzati in latino, come avviene in altre lingue, erano preceduti da una pausa: in questo caso la posizione dei clitici sarebbe dopo la prima parola o il primo sintagma che segue una pausa intonativa. L'accettazione di questa soluzione comporterebbe probabilmente una revisione completa del concetto di colon, che verrebbe a inglobare anche le unità focalizzate. Non seguiremo oltre, qui, questa linea di ragionamento.
[2] In Salvi (1996) abbiamo sostenuto che i pronomi atoni del latino non appartengono alla stessa categoria sintattica dei clitici romanzi, e abbiamo distinto la categoria dei pronomi deboli (latino) da quella dei clitici (romanzo). Pur non rinunciando a questa distinzione, per semplicità qui useremo, parlando del latino, il termine "clitici", seguendo l'esempio di Adams (1994a,b). Siccome questo lavoro tratta esclusivamente di fatti latini, non sussiste la possibilità di confusione.
[3] Due precisazioni s'impongono. In primo luogo, all'interno di una concezione della struttura frasale a costituenti dove le proposizioni subordinate sono un costituente della frase matrice, nel caso in cui il primo costituente di una frase sia una proposizione subordinata, si dovrà escludere che un clitico che appartiene sintatticamente alla principale, sia collocato a) dopo la prima parola della subordinata e b) immediatamente dopo la subordinata; il caso (a) può essere escluso in base al principio universale per cui nessuna regola può spostare elementi dalla principale in una subordinata, il caso (b) può essere escluso se si assume che ogni proposizione subordinata in inizio di frase si trova in realtà in una posizione periferica, come gli elementi dislocati (v. più sotto nel testo) - assunzione che sembra naturale per le subordinate avverbiali; per le proposizioni soggettive v. Koster (1978).
In secondo luogo, mentre il participio assoluto e il participio congiunto, avendo funzione avverbiale, formano sempre un costituente unitario all'interno della frase matrice, nel caso dell'infinito l'infinito e i suoi argomenti possono formare un costituente unitario, cioè una proposizione subordinata (il caso che ci interessa qui - cfr. (7)), o possono essere fusi nella frase matrice (cfr. (i)): in questo caso l'infinito e i suoi argomenti (sottolineati nell'es.) sono trattati come costituenti sullo stesso piano di quelli del verbo reggente e non abbiamo vera e propria subordinazione:
(i) si te uictori nolles aut non auderes committere (Cic. Fam. 7.3.3)
[4] Anche in portoghese, che ha un sistema di collocazione dei clitici molto simile a quello del latino (Salvi 1990), la presenza di un vocativo è irrilevante per il funzionamento delle regole:
(i) a. Ninguém te poderia dizer_ / b. Ninguém, Jo_o, te poderia dizer_
(ii) a. O professor disse-me_ / b. O professor, Jo_o, disse-me_

Bibliografia




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